
C'era la nebbia quel giorno a Palermo e scese sull’inafferrabile capo dei capi Salvatore Riina che, in un giorno come tanti, andava a messa indisturbato nonostante la caccia che lo Stato gli dava da più di trent'anni. Quel 15 gennaio 1993 due macchine si materializzarono dall'ombra, lo affiancarono al semaforo. Un uomo lo tirò fuori dalla sua Citroen ZX bianca e lo dichiarò in arresto. Di quell'uomo nessuno conosce il volto, pochissimi il nome, tutti il nome di battaglia: Ultimo. Questo ufficiale dei carabinieri, al quale l'immaginario collettivo ha oramai associato il viso di Raoul Bova, mise in ginocchio il capo indiscusso della Mafia servendosi di pochi e fidati uomini, considerati gli scarti dell'Arma, emarginati da superiori e colleghi degli "ultimi" appunto. Ultimo creò un nucleo nel nucleo di soldati idealisti e "straccioni" come lui li definiva. Straccioni per differenziarli dai burocrati in giacca, cravatta e colletti bianchi, straccioni anche per la pazienza e l'ostinazione certosina con cui si incollarono ad un'indagine quasi senza speranza, vincendola senza pistole ma con microspie e telecamere. Ultimo gli chiese tantissimo: di rinunciare alla propria identità, alle proprie mogli, alle proprie fidanzate, ai premi e alle promozioni che non sarebbero mai arrivate, alla fama ed alla gloria, per quel tipo di lavoro servivano degli "invisibili" capaci di operare nell'ombra 24 ore su 24. Chiese tantissimo Ultimo ma ottenne di più, creando uno spirito di gruppo e di solidarietà che non ebbe eguali nella storia dell'Arma, al punto da sembrare troppo indipendenti e pericolosi ai superiori che sciolsero il gruppo. L'arresto di Riina, ad appena otto mesi dalle stragi di Capaci e via D'Amelio, segnava l'inizio della riscossa dello Stato nella lotta alla Mafia ed ai Corleonesi, dopo anni di lutti terribili. La gente rispose a quell'arresto tirando fuori tutto l'orgoglio e la fierezza di chi vede cancellare una virgola d'ingiustizia dopo che il malaffare e la morte avevano regnato incontrastati in Sicilia. Tutti si identificarono in quei piccoli grandi eroi senza volto che l'avevano catturato, essendo loro assai simili ai tanti uomini comuni che in quel giorno rialzarono la testa. Il resto è storia recente con Ultimo ed il Generale Mario Mori in un aula di tribunale per dimostrare di non essere collusi con coloro che avevano arrestato e messo in ginocchio. Per Mori l’odissea non è ancora finita visto che solo pochi giorni fa si è appreso che Il sostituto procuratore della Repubblica di Palermo Nino Di Matteo e il procuratore Francesco Messineo si apprestano a chiedere al giudice per l'udienza preliminare di processare il prefetto Mori perche' avrebbe favorito la latitanza di due uomini di Cosa Nostra, Nicolo' La Barbera e Giovanni Napoli, fidatissimi di Bernardo Provenzano. Secondo la procura negli ultimi mesi sarebbero stati acquisiti elementi probatori tali confermare che La Barbera e Napoli furono aiutati a sottrarsi e a eludere le investigazioni delle forze di polizia proprio dall'ex comandante del Raggruppamento operativo speciale e da uno dei suoi piu' esperti investigatori, il colonnello Mauro Obinu. In Italia sembra non esserci pace per chi ha combattuto la mafia

1 commento:
Grandissimo Manuel, bel pezzo!!
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