giovedì 22 maggio 2008

Giorgio Almirante: l'uomo che immaginò il futuro



Le parole per descrivere Giorgio Almirante le trovò lui stesso, calzanti come un abito su misura:”Degli uomini come me si deve poter dire: era fatto per i tempi duri e difficili, era fatto per seminare e non per raccogliere, era fatto per dare e non per prendere. Vorrei tanto che si dicesse di me quello che Dante disse di Virgilio: facesti come colui che cammina di notte e porta un lume dietro di sé e con quel lume non aiuta se stesso, egli cammina al buio si apre la strada nel buio ma dietro di sé illumina gli altri”.
Almirante nel dopoguerra ebbe il non facile compito di guidare un partito collocato fuori dal cosiddetto arco costituzionale con il peccato originale di essere nato dalle ceneri di Salò. Un partito che al suo stesso interno includeva personalità ed esperienze politiche eterogenee, che moltissimi volevano sciogliere, che ebbe contrasti, scissioni e alcune frange che virarono verso la deriva terroristica. Comprese che si doveva superare l’esperienza fascista senza rinnegarne le origini, aprendo al sistema per non rimanerne esautorato. Nel 1971 il Movimento Sociale fu determinante nell’elezione del Presidente della Repubblica che portò Giovanni Leone al Quirinale, ma il suo leader non vide il vero sdoganamento del suo partito che avvenne solo nel 1993, cinque anni dopo la sua morte. Il giovane Gianfranco Fini, che Almirante aveva designato alla sua successione, anche per avere una guida non più compromessa con il regime, quell’anno correva per il Campidoglio e fu benedetto da un Silvio Berlusconi che sarebbe diventato, poco dopo, capo di un Governo che avrebbe visto, per la prima volta nell’Italia Repubblicana, Ministri della fiamma tricolore. Oggi Fini ricopre la terza carica dello Stato ed anche Roma, con Gianni Alemanno, è governata da un ex missino. Almirante preparò il terreno, seminò e lasciò raccogliere i frutti alla giovane classe dirigente cresciuta sotto la sua segreteria, con una lungimiranza e un acume politico che l’hanno fatto definire per questo”l’uomo che immaginò il futuro”. La mia età anagrafica non mi ha consentito di aver assistito ai suoi comizi, a quella celebre e riconosciuta capacità oratoria, che portava spesso anche i suoi avversari a sentirlo parlare, quasi di nascosto, in aula, ma mi consente di poterne rimpiangere le qualità umane e politiche, lo stile ed il coraggio che dimostrò , tra le altre volte, nel 1984 in occasione della morte di Enrico Berlinguer, quando si recò assieme a Pino Romualdi( anche lui scomparso 20 anni fa esatti), alle esequie del segretario comunista, appartenente anche lui ad una classe politica oggi estinta o rara come un Panda. Un gesto che fu ricambiato quattro anni dopo da Nilde Jotti e Giancarlo Pajetta, quando i due fondatori del MSI si spensero a distanza di un giorno l’uno dall’altro.